"Sto diventando un po' troppo critico per potermi illudere ulteriormente di avere qualche talento" - F. Nietzsche


"Musica est exercitium aritmaeticae occultum nescientis se numerari animi“

- G.W. Leibniz


"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

martedì 27 dicembre 2016

Ha ragione chi teorizza la scomparsa dell'arte?

 
È curioso osservare come nel campo delle arti visuali il dibattito su "cosa sia Arte", ovvero quale caratteristica qualifichi come "artistico" un manufatto o una performance o anche solo un concetto che permetta di qualificarlo come "Opera", sia ancora acceso e vivace, e si pubblichino tuttora libri sull'argomento, come quelli raffigurati nella foto; mentre invece nel campo della musica, fatta salva la controversia che ciclicamente riemerge intorno alla figura centrale di John Cage, pare che si dia per scontato che è musica (intesa come manifestazione artistica) qualsiasi produzione sonora, più o meno organizzata o improvvisata, artificiale o naturale, a patto che esista una comunità - o perfino soltanto un singolo individuo- disposta a considerarla tale.
Da un lato quindi sembrerebbe che nel campo musicale si sia "più avanti" rispetto alle arti visuali/visive, avendo ormai archiviato il problema e assimilato questa sorta di universalismo ecumenico tipico della fine del XX secolo e del postmoderno globalizzato, che mette tutto sullo stesso piano; dall'altro lato però a me pare che questa apertura totale sia gravemente lacunosa perchè si basa su una tautologia circolare - che vale anche per le arti visive/visuali - secondo la quale il criterio discriminante non risiede nelle qualità intrinseche dell'opera, nella sua fattura concreta, ma nella "intenzionalità" del soggetto creatore o dei fruitori, i quali vi riconoscono una artisticità, e ciò basta a sancirne la qualifica sociale di "Opera d'arte".
Non sarò certo io a volermi trasformare in un novello Hanslick e dettare il canone estetico del XXI secolo. Nessuno ha il diritto di contestare l'altrui giudizio - sia esso fondato su strumenti critici adeguati oppure su sensazioni superficiali.
Ma sono disorientato e mi domando come mai il dibattito pubblico sull'estetica musicale contemporanea sia così povero di stimoli, o così a me pare, e prenda per buono lo stato delle cose senza apparentemente più porsi delle domande di fondo.
Forse ha ragione chi teorizza la ormai totale dissoluzione dell'arte - intesa come concetto che ci arriva dal Romanticismo, e che identificava quelle espressioni appartenenti alla sfera della pura estetica- per completa assimilazione/identificazione col Mercato e le sue leggi, che ha convertito qualsiasi esperienza estetica in Merce ?

mercoledì 21 dicembre 2016

"NEL SECOLO SCORSO SCRIVEVO MUSICA CON LE NOTE" (oggi con i suoni)

"NEL SECOLO SCORSO SCRIVEVO MUSICA CON LE NOTE"
(sottinteso: oggi con i suoni).
Una riflessione sulla "Musica Concreta Strumentale" europea.

Questa frase, pronunciata scherzosamente da un amico compositore, vale una rivoluzione copernicana, e sintetizza perfettamente lo stato attuale della musica "d'avanguardia " europea. È un cambio totale di prospettiva, che apre orizzonti infiniti e imprevedibili.
In verità questa "rivoluzione" ha le sue radici saldamente affondate nel primo Novecento (ma forse anche ben prima: penso ad esempio alle incudini del Rheingold), quando iniziò l'erosione delle barriere tra "suono" e "rumore": molti furono gli autori che contribuirono in modi più o meno radicali a questo lento processo, ma se dovessi indicare il primo, il più coraggioso, direi forse Varèse, con l'irruzione nel circolo chiuso della musica di suoni presi dalla realtà esterna, quali sirene, metalli, suoni industriali e cosi via.
Un altra invenzione del Novecento che alimentò questo processo fu lo sviluppo della tecnologia audio, che diede luogo alla nascita della Musica Elettronica. Per la prima volta i compositori ebbero accesso al mondo infinito dei suoni al di fuori del piccolo recinto delle note. Suoni infiniti e inauditi, che non esistono in natura e che possono essere creati ex novo,  plasmati e organizzati a piacere.
Poi nacque, nella seconda metà del Novecento, la Terza Via, la cosiddetta "Musica Concreta Strumentale", che esplora le possibilità sonore alternative degli strumenti tradizionali; non in cerca di "effetti" stranianti e/o evocativi come potrebbero essere i corni "chiusi" di Mahler o i tremoli al ponticello degli espressionisti,  ma per le loro qualità puramente foniche: suoni complessi, instabili, ai confini col rumore bianco, oppure aggregati inarmonici variamente "colorati" o "sporchi".

giovedì 8 dicembre 2016

CORSI E RICORSI STORICI


Grazie a un recente post di un amico, ho fortunosamente recuperato dai più dimenticati recessi della mia disordinata biblioteca questo libro, relitto di un epoca tramontata e rimossa, pubblicato nel 1971 da un Perniola trentenne ma già pienamente integrato nel mondo degli studiosi di alto livello, e infatti pubblicato nella collana di estetica curata da due "mammasantissima" dell'epoca, Luciano Anceschi e Luigi Pareyson.
Leggendo il risvolto di copertina, trasecolo:
"L'arte non è una manifestazione piena e totale della creatività umana, ma una sua alienazione....l'arte, intesa come significato senza realtà, e l'economia, intesa come realtà senza significato, costituiscono la struttura del mondo borghese: in esso alla spiritualità impotente della prima corrisponde la materialità violenta della seconda. Entrambe cercano di chiudere l'uomo in un contesto totalitario fondato sulla separazione."
Parole che evocano il sapore inconfondibile di un tempo nel quale, sotto il vessillo allora egemonico della visione marxista del mondo, molti provarono a elaborare una critica radicale dello stato delle cose, con il sogno di rovesciare un intero modello sociale e culturale e rifare tutto da capo, in un modo più giusto e più umano.