"Sto diventando un po' troppo critico per potermi illudere ulteriormente di avere qualche talento" - F. Nietzsche


"Musica est exercitium aritmaeticae occultum nescientis se numerari animi“

- G.W. Leibniz


"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

venerdì 1 febbraio 2013

Giampaolo Testoni: il coraggio di rivendicare uno "Stile Italiano"

Fortunatamente vi sono ancora artisti che esprimono il loro punto di vista  sulla loro disciplina e sulla situazione attuale con linguaggio appassionato, caldo, senza fumisterie intellettuali, ma solo animati dalla loro sete artistica, e dalla fiducia che "la Bellezza può salvare il Mondo". 
Ho intercettato questa riflessione/ confessione che il compositore Giampaolo Testoni ha recentemente composto di getto, quasi in forma epistolare privata, nell'ambito di una discussione con suoi colleghi. L'irruenta, passionale esposizione, non priva di giudizi taglienti e di osservazioni nette e decise, talvolta apodittiche ma mai ipocrite, mi ha colpito per la  sua genuinità e per la lucidità della visione. Ho chiesto e ottenuto dall'Autore il permesso di pubblicarla qui, nell'intento di fornire un contributo, forse provocatorio, ma certo sincero,  alla discussione su "dove va la musica di oggi".  

Giampaolo Testoni è un compositore milanese. Esponente tra i più significativi del movimento dei cosidetti "Neoromantici" degli anni '80, ha al suo attivo opere per il teatro, sinfoniche, da camera e musiche per balletto. 
Il suo sito :

---------------------------------------------------------------------------------
NOTA SU ALCUNI AUTORI MODERNI 
di Giampaolo Testoni (1 febbraio 2013)

Io sono notoriamente un vorace e curiosissimo ascoltatore del lavoro dei miei colleghi e in generale degli autori che non conosco o conosco poco. Lo faccio per il piacere di riceverne stimoli e idee che possano aiutarmi a perseverare nelle mie ricerche formali; ho ascoltato per anni autori come Henze o Schnittke e poi anche Part, che negli anni Ottanta era così in voga anche in Italia.
Questi autori avrebbero dovuto rappresentare alcune possibili vie di scampo dagli orrori analfabeti dei maestri delle avanguardie cha tanto abbiamo combattuto da più di trent'anni: ma devo dire che la delusione è stata quasi sempre confermata dai numerosi ascolti e letture dei loro testi musicali, in primis a causa della mia assoluta allergia alla scrittura "eclettica", al polistilismo a dieci battute per volta che per esempio Henze e Schnittke hanno praticato, e con loro moltissimi autori della generazione pre e post boulezian/beriana, vedi anche certo Petrassi, Kagel eccetera. Henze possedeva sicuramente un talento e una preparazione superiore a quella di tutti i suoi colleghi ma la sua mancanza di "gusto" e di capacità di sintesi e coerenza dei effetti-affetti mi ha sempre lasciato sbigottito.
Chi conosce un pò le vicende dell'arte in generale dei paesi del nord Europa e dell'area germanica dal dopoguerra in poi sa bene quanta decadenza e trivialità e meschina autodistruzione masochista sia presente negli esiti degli autori di queste zone. La bruttezza e la espressionistica maniera priva di delicatezza, poesia e sentimentale ispirazione oltrechè di ironia e senso ludico e leggerezza di gesto sono una costante, insieme al postmodernissimo mescolare tutto e il suo contrario in opere frankensteiniane, quando va bene, o musiche che distillano  stilemi talmente esasperati da divenire vera "accademia".
In Schnittke l’incoerenza e il tormento di cambiar stile e stilema all'interno del discorso, applicata di continuo in un'alternanza di effetto e gestualità, dissonanza e consonanza come uno sberleffo a qualsiasi idea di comunicazione chiara e diretta ma sempre metalinguistica (Kagel è il clownmaster di questa apodittica volontà nichilista del linguaggio musicale toutcourt) mi provoca dapprima turbamento, poi  sconcerto e disaffezione, e alla fine anche noia.
Se ascoltate su youtube (meno male che c'è) l'enorme quantità di materiale del compositore russo vi accorgete con quanta "indifferenza" passa da accademiche suite tonaleggianti a pastiches metalinguistici "a la maniere de..." imbevuto di quell'estremismo espressionista che moltissimi autori della russia post-staliniana hanno adottato - Gubaidulina, Denisov e altri - per sentirsi moderni dopo Shostakovich e Prokofiev, autonomi da questi modelli, nel convincimento di essere accettati nel salotto buono delle nuove avanguardie dell'Europa occidentale.
Ciò che mi rende nervoso e annoiato ascoltando musica scritta con queste tecniche "aggressive" e eclettiche è proprio il programmatico rifiuto di omogeneità poetica e formale, quello che una volta chiamavamo Stile: parola che oggi, dopo la catastrofe postmoderna, è diventata obsoleta. Tutt'al più ci si accontenta degli stilemi. Pensate nelle nostre vicende contemporanee agli "sciarrinismi", tutto e sempre solo armonici, soffi, sospiri e velocità; ai tonanti fragori dei lachenmanniani che "bombardano" le nostre orecchie con ragli e grattuggiamenti, ciascuno specialista in una specifica tecnica, e ad essa devoto.
C'è qualche mio collega che opta per la mancanza di stile e proclama pubblicamente la volontà di non averne, preferendo lavorare attorno a questa "ambiguità" di linguaggi in sovrapposizione. Questo dovrebbe rendere interessante l'ascolto e il consumo della nuova musica in alternativa al luteranesimo rigido e frigido postdarmstadtiano? Ai ragionieri delle tabelline rumoristiche alla Xenakis?
Mi pare che sia Henze che Schnittke abbiano parzialmente fallito il loro tentativo di conciliare arte vecchia e nuova, testa e cuore, espressione e cerebralità, urlo e affetto, proprio perchè hanno voluto mescolare questi elementi in un continuum in progress senza tregua, senza riposo, senza pace formale, in fondo continuando a fare della sperimentazione sui linguaggi invece che  sugli effetti-affetti.
Su Part, figlio supercristiano del minimalismo, medievalista con speranza di redenzione dall'originale peccato serialista, peccatore che estingue la propria colpa musicale assaporando il cilicio e l'incenso all'interno di immagini musicali fisse e quasi psichedelico-mistiche (il vero motivo dell'interesse della discografia negli Ottanta era l'equivoco newage) la possibilità di affascinare è sicuramente più a portata di mano, la trasgressione è sostituita dall'ipnotica fascinazione, la reiterazione e la microvariazione di nuances nel fraseggio in una manciata di opere riesce a trasformare la stilizzazione, lo stilema concettuale in stile vero e proprio e creare un'isola di pace dai lavori in corso permanenti dei suoi colleghi atei. Ma anche con lui, dal mio punto di vista,  dopo anni di immobilismo penitenziale, la noia spesso affiora nell'ascolto. L'immobilismo di cristalli senza più vita vera (anche Glass e Reich corrono oggi questo rischio) si sostituisce alla costruzione narrativa, non succede più nulla, nulla di importante comunque, e la musica diventa tappezzeria. Il pensiero va subito a Messiaen che riesce invece magicamente a liberarmi dall'ossessione mistica con un'altra ossessione, più variegata, meno luterana e severa, cattolica, piena di immagini molto chiaroscurate e plastiche, insomma una buona alternativa al fare penitenza in musica.
Ho ascoltato di recente due omaggi mozartiani di Part e Schnittke; Part semplifica Mozart aggiungendo acqua che diluisce il contenuto, lo smolla, lo debilita, il suono è così infiacchito, divenendo un Mozart anemico, pallido, un fantasma senza luce. Schnittke vuole farci ridere stropicciandolo con quella ossessione di mutare continuamente il punto di vista per essere iperoggettivo, distaccato, modernista, acido: ma in realtà sembrando un dissezionatore pazzo di cadaveri musicali che gioca ricostruendo pezzi di carne sonora in un corpo che morto era e morto rimane, lo ascolti e ti chiedi: perchè mai ha messo una gamba al posto di un braccio? E che vuol farci con questa roba? La smonta a che scopo? Per dirci cosa in più dell'originale? O in meno? 
L'effetto è ancora il tutto uguale a tutto, una lingua uguale all' altra, passato e presente sullo stesso asse dello sguardo.
Io amo molto invece la musica degli autori che mi parlano cercando le esatte parole per esprimere un concetto, aspirando alla chiarezza del gesto, qualsiasi cosa vogliano dirmi, entro in empatia con loro e questo non può accadere se il loro lavoro è metaliguistico,  e per me davvero accademico.
Credo in un'arte in movimento costante verso la definizione del nominare una cosa e crearla, cercarne l'esatto contorno e definirlo, cantarlo, evocarne il sapore e profumo, darle volto e luce.
Noi siamo fortunati naturali possessori, in quanto autori italiani, di una "luce" spontanea che può inondare di dolcezza espressiva e complessità e profondità di sguardo, uno sguardo antico, umano, mitico, le nostre opere, di questo vantaggio resto uno strenuo ricercatore, e ritengo che sia un'idea alla base del movimento cosiddetto neoromantico, la cui autenticità nel bene e nel male solo in Italia poteva svilupparsi. Controprova nella enorme differenza di premesse e risultati con le opere del gruppo tedesco della Nuova Semplicità.
Scusate la lunghezza del mio intervento ma mi sono sentito in dovere di dare qualche spunto alla discussione su temi che mi stanno molto a cuore...

3 commenti:

  1. Apprezzo sempre le parole di Giampaolo, e condivido pienamente sue analisi degli autori cittati....alla fine però dice una cosa strana e cioè sul fatto che il neoromanticismo nacque in Italia...ma penso che l'Italia non abbia niente a vedere con la creazione del neoromanticismo, fu un ritorno iniziato negli USA alla fine degl' anni 70....Carlyle Floyd, Dominick Argento, David Del Tredici, Ned Rorem, David Diamond etc...lo stesso Menotti fù praticamente cacciato dall'Italia perchè ossava scrivere melodie con, secondo me, tanto stile come dice Giampaolo. Invece in Italia non regnavano solo le brigate rosse ma tutto l'apparato rosso e quindi anche Berio, Bussotti, Nono, Maderna, Donadoni...(autori che apprezzo e stimo non fraintedetemi) ma lontani (volutamente) di qualunque reference alla base dello stile Neoromantico....l'armonia tonale....Grazie, Sandro Fazzolari.

    RispondiElimina
  2. Egregio Fazzolari, il "nostro" movimento neoromantico nasce in maniera totalmente indipendente alla fine degli anni settanta e trova in Venezia Opera Prima del 1980 e nella successiva Biennale la su aquasi involontaria nascita. Essendo italiani e allievi di quei maestri, la nostra ribellione si fonda su presupposti che sono alla radice stessa della nostra cultura, a cominciare dal melodramma, in Italia quasi nulla arrivava degli autori che citi anzi in Europa, c'era una sorta di censura ideologica per tutto quello che non era ortodosso, di scuola post Darmstadt, seriale ecc...
    Il nostro movimento è risultato da una spontanea, fraterna, aggregazione di giovani autori, anche molto legati da amicizia e rappresenta un caso unico nella storia della recente musica d'arte in Europa. Uscirà presto una importante pubblicazione attorno a quanto è avvenuto...ti esorto ad ascoltare tramite web sui vari nostri siti le musiche a partire da quegli anni a oggi, ci sono diversi documenti anche sulla mia pagina facebook. Grazie per l'interesse. Giampaolo Testoni

    RispondiElimina
  3. Insomma non vanno bene né i metaliguismi né gli sciarrinismi né i lachenmanniani, ma questo lo sanno tutti, perché se è un -ismo significa che non è tuo, ma di qualcun altro. A me sembra che però il discorso non porti da nessuna parte, nemmeno al livello base, che sarebbe lasciare che ciascuno faccia quello che gli pare, nel bene o nel male, che danno fa? Il danno non lo fa chi scrive così o cosà, il danno lo fa chi pretende di giustificare o condannare una o un'altra musica in base all' "ismo" assegnato. Mi andrò a sentire Testoni per scoprire se scrive quello che gli pare, unico vero valore.
    Andrea Fontemaggi

    RispondiElimina