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giovedì 31 maggio 2012

Ecosistema Musicale Virtuale: una vecchia idea balzana, ma affascinante


Un progetto di  Ecosistema Musicale Virtuale
nel bicentenario della nascita di Charles Darwin (1809) 
In anni  recenti è tornato  d'attualità sui grandi  mezzi di comunicazione il dibattito tra Creazionisti ed Evoluzionisti.
Come sappiamo, la materia del contendere risiede sostanzialmente nella domanda se all'origine della biosfera vi sia un Disegno Intelligente elaborato dal volere di un Ente superiore  ed esterno alle forze puramente "naturali" che operano nel mondo, oppure se l'emergere della vita, sul nostro come molto probabilmente su innumerevoli altri pianeti dispersi nelle galassie, sia causata da un Evento avvenuto “casualmente” ( il primo sorgere di amminoacidi, base della chimica organica) che, pur se apparentemente molto improbabile, al contrario risulta statisticamente certo se considerato nella scala temporale della storia di questo pianeta, che ammonta a quanto si sa a parecchi miliardi di anni.


Ovviamente non è a questa domanda che intendo qui tentare di  dare una risposta: vorrei  invece limitarmi a proporre ai  miei  lettori una interessante (almeno, per me) analogia tra teoria scientifica e pratica artistica.
La recente ristampa di un libro di un celebre biologo evoluzionista  - Richard Dawkins, L'orologiario cieco, Milano 2009 – libro interessante e pieno di argomentazioni affascinanti e scritte in linguaggio divulgativo, mi ha dato lo spunto  per ritornare su un tema che mi è  molto caro, e cioè l'analogia tra le "procedure" della evoluzione delle specie viventi e le tecniche di "proliferazione del materiale" nella composizione musicale. A prima vista sembrerebbe un argomento da addetti ai lavori, ma è  molto meno esoterico di  quanto sembri.
Invito il  lettore, da qui in poi, a immaginare che l'oggetto  delle mie prossime argomentazioni  non siano esseri viventi biologici, ma organismi musicali con le loro qualità (altezze, durate, timbri, intensità, complessità ...) e immersi, per così  dire, in ecosistemi musicali che ne condizionino la natura e lo sviluppo.
Innanzitutto, è bene chiarire che L'orologiaio cieco non è altro che una suggestiva immagine per descrivere il carattere dell' Evoluzione naturale. Essa, come è noto, opera passo dopo passo selezionando le qualità che meglio garantiscono agli individui (o ai  gruppi di individui)  la sopravvivenza e la riproduzione, e giunge così a dar luogo ad organismi estremamente complessi.
Ma la cosa di  gran lunga più  affascinante nell'operare della Evoluzione è che essa "crea" sempre nuove forme e trasforma profondamente quelle esistenti  senza partire da un progetto preesistente.  Cioè - ed è per  questa ragione che viene contrapposta alla teoria creazionista - è  come un artigiano che eserciti la sua raffinatissima craftsmanship  sui  materiali, arrivando a realizzare opere di superba fattura, meccanismi perfetti  come quelli  di  un orologio di  alta precisione, pur senza avere in mente fin dall' inizio alcun progetto dell'opera, ma solo reagendo passo dopo passo per rispondere nel modo più efficace alle difficoltà che incontra nel misurarsi con le caratteristiche dei materiali utilizzati.
Questo procedere cosi cieco dell'Evoluzione sgomenta per il suo aspetto tanto paradossale : come si può  pensare che un intero  universo  biologico, con le sue infinite e fantasticamente complesse varietà di  specie, sia il  risultato  di  un processo totalmente impersonale, senza alcuna volontà consapevole, né progetto, né direzione intenzionale ?
Dawkins chiarisce molto bene questo paradosso, spiegando la differenza tra la selezione  per passi  singoli  e la selezione cumulativa . La prima è totalmente frutto del caso, in quanto in  essa  le probabilità  che un  dato evento  si  ripeta è  ogni  volta uguale : per quante volte noi  lanciamo  la moneta, la possibilità  di ottenere testa (o croce) è sempre il 50% . Ciò non toglie che sia possibile una sequenza anche rilevante di risultati  uguali - ad es. 10 volte di  seguito croce - ma  tale sequenza così eccezionale rimane ugualmente un evento altamente improbabile, destinato a non  avere alcuna conseguenza sulle sequenze successive (al contrario di quanto immaginano i giocatori d'azzardo ...)
Nella selezione cumulativa invece ogni "sorteggio" riparte dai risultati dei sorteggi precedenti, e ad ogni  passaggio successivo il campo delle possibili variazioni non è sempre lo  stesso, ma è  "orientato" dal contesto:
".... i risultati di un processo di cernita vengono sottoposti ad un ulteriore processo di cernita, e i risultati di  questo processo vengono a loro volta sottoposti ad una nuova cernita, e via dicendo .... nella selezione cumulativa la probabilità è un ingrediente solo secondario.... essa è essenzialmente NON casuale.....se il progresso evolutivo  dovesse fare affidamento sulla selezione a passi singoli, esso non sarebbe mai arrivato da nessuna parte. Se, invece, ci  fosse un modo in cui le condizioni necessarie per la selezione cumulativa potessero venire stabilite dalle forze cieche della natura, si potrebbero avere conseguenze strane e mirabili. Di fatto, questo è esattamente quanto accade su  questo  pianeta, e noi  stessi siamo fra le conseguenze più recenti, se non le più strane e mirabili, di  questi sviluppi."
Dunque, l' evoluzione naturale  non ha un obiettivo  a lungo  termine nè un fine ideale di perfezione, nè tantomeno punta a realizzare un qualsiasi progetto elaborato precedentemente e tuttavia, attraverso la selezione cumulativa, la sua attività non è casuale ma è  in qualche modo orientata, però esclusivamente verso un obiettivo a breve termine.
E questo obiettivo a breve termine non può essere altro che la massima posta in  gioco, cioè l’esistenza stessa dell' individuo e della specie : il processo  di selezione cumulativa è finalizzato alla sopravvivenza. Anche la più trascurabile, la minima modificazione della forma e del funzionamento di un organismo è una risposta biologica alla pressione ricevuta dall'ambiente e dalla competizione con altri organismi, sia della stessa come di altre specie, al fine di conseguire un migliore adattamento e maggiori  possibilità di sopravvivenza e riproduzione.   
A questo punto forse possiamo uscire dalla metafora e provare a  immaginare se la teoria dell' evoluzione naturale potrebbe in qualche modo, per analogia, essere applicata alla creazione artistica e musicale. Ovviemente questa analogia non è un idea dello scrivente, ma è  stata già sperimentata, in varie forme più o  meno esplicite o consapevoli, da artisti di  varie discipline.
Linguaggi strutturati di  espressione artistica basati  su selezioni  cumulative di  organismi  complessi  sono rinvenibili ad esempio già nelle ricerche sulla figurazione di  Paul Klee, e nel lavoro di  diversi compositori post-dodecafonici come Stockhausen o Berio .
Uno scrittore come Joyce, nel suo ripensare da capo le regole della narrazione e le derive del linguaggio quotidiano, doveva indubitabilmente utilizzare un setaccio semantico cumulativo nella scelta degli  organismi  linguistici di cui è composta la sua prosa tanto inventiva e fantastica ma al tempo stesso così terrena e quasi naturalistica …per non parlare dei  grandi  poeti, per i  quali  ogni  singola parola è una creatura complessa con una lunga e precisa filogenesi, che va compresa nel suo contesto poetico/linguistico  e selezionata con la stessa attenzione con la quale i biologi interpretano il ruolo di ogni singola specie nell’ecosistema. 
Non ho i mezzi critici per andare oltre nella discussione, ma immagino che queste poche suggestioni abbiano evocato nella mente di  qualche lettore i nomi di molti altri autori .
Ho citato questi esempi perché mi pare che la caratteristica che li  accomuna e li  rende così importanti  per la storia recente della Cultura  sia quello stesso  modo  di  procedere del pensiero logico-sequenziale che è  alle radici  dell’invenzione più  straordinaria del secolo scorso : il  computer . E’ facile rendersi conto di  come  il  pensiero  informatico, quasi  plasmandosi  in  analogia con le modalità funzionali elementari della mente umana e della selezione naturale, (la sequenza  informativa e la selezione basata su regole biunivoche ) abbia modificato la società, la nostra percezione del mondo e il nostro stesso modo di ragionare. Ed è tipico del pensiero informatico il procedere step by step lungo una serie di atti singoli rigorosamente codificati. Una stringa di programmazione non è  altro che una serie di  istruzioni  elementari e inequivoche che la macchina esegue in modo impersonale, senza una propria volontà deliberata e senza “sapere” a quale fine queste istruzioni  tendano.
Lasciamo per il  momento ancora aperta una aporìa che appare insuperabile nel nostro esperimento e cioè che, se nel mondo reale della natura possiamo affermare con  una certa sicurezza che l’evoluzione è  avvenuta e tuttora continua senza un progetto, in  quello virtuale informatico per il  momento non esiste ancora un programma che si scriva da sé, e quindi  è necessario un Autore Del Programma che sappia  a che cosa serve il  programma stesso.
Ho usato la parola “Autore” sia per riferirmi al sostantivo che si usa per il creatore di  una qualsiasi opera d’arte, sia perché mi è venuto alla memoria l’incubo fantascientifico/ informatico della serie cinematografica Matrix e le sue suggestive implicazioni con la cultura odierna. La creazione  di un intero  mondo  parallelo  programmato al computer  e  per così  dire “proiettato” nella mente degli umani  per distoglierli  dalla dura realtà  del mondo  reale. Suggerisco agli  appassionati del  genere un libro interessante e insolito: William Irwin (a cura di ), Pillole rosse – Matrix e la filosofia, Milano 2006.

Entriamo ora finalmente nel cuore della questione, e immaginiamo di  tentare questo  esperimento  un po’ pazzo : creare un Ecosistema Musicale Virtuale (EMV) .
Innanzitutto dobbiamo porci il  problema non facile di  definire cosa sia un organismo musicale . Come nella sfera biologica siamo portati a definire organismo una forma di  vita costituita da un insieme di cellule strutturato per assolvere alle diverse funzioni biochimiche necessarie alla sussistenza, così per analogia dovremmo identificare delle analoghe funzioni musicali.
Questo però ci porta necessariamente a scendere ancora più in basso,  alle radici del  fenomeno musicale, per indagare su che cosa siano a loro volta queste funzioni musicali che gli organismi devono assolvere. E qui le strade della scienza e quelle della musica si annodano  inestricabilmente, perché questa ricerca – la radice semantica del linguggio musicale – incrocia molte discipline complesse , dalla linguistica alla neurologia alla psicoacustica, fino  alla filosofia.
Nel poco spazio di cui  disponiamo in  questa sede limitiamoci  quindi  a prendere atto che da questo incrocio si diramano  tante strade diverse , e che le ricerche in corso sono ancora all’inizio e non hanno dato risultati del tutto convincenti : né forse vi  approderanno mai , permettendo così per il  futuro -  per nostra fortuna ?- che continui ad esistere un mistero insondabile ma tanto indispensabile come l’arte di far musica .
Diamo quindi per scontato che siccome innegabilmente esiste quella cosa che noi  chiamiamo musica, allora devono esistere nella mente degli  uomini delle funzioni musicali, e un linguaggio che le veicoli dando loro un senso, attraverso la strutturazione di unità di senso elementari che nel loro giustapporsi, alternarsi, imitarsi, variarsi, fondersi, separarsi, organizzarsi in  strutture più  grandi  e complesse approdino ad un  linguaggio altamente formalizzato, totalmente autosufficiente e non traducibile in  nessun altro linguaggio.
Ai miei occhi appare ad es. lampante l’analogia tra la codificazione delle stringhe di  DNA con le sue sequenze genetiche e la rilettura/duplicazione nel RNA , e le procedure di rilettura/filtraggio utilizzate dai compositori post-weberniani. Con la differenza che mentre nel processo  di codifica/decodifica del DNA sembra che tutto il  dispositivo sia finalizzato esclusivamente a copiare fedelmente il codice genetico per conservare le caratteristiche della  specie, e solo raramente un errore di copiatura induce delle mutazioni tali  da modificare la costituzione fisica dell’organismo, nei processi compositivi al contrario ciò che primariamente ci interessa è che la rilettura (la selezione cumulativa di  cui  abbiamo  parlato  più  sopra) dia luogo in breve tempo a novità rilevanti e inattese.
Potremmo  dire che l’atteggiamento del  compositore, nell’ imitare i processi  evoluzionistici, sia esattamente  all’opposto di  questi  ultimi : mentre  la “natura” appare conservativa e  cambia direzione solo  quando costretta da elementi esterni  che ne turbano l’equilibrio, il compositore è invece interessato a forzare l’inerzia del materiale su cui  lavora, introducendo elementi di disturbo, o catalizzatori che agiscano con grande forza sui processi e ne accelerino lo sviluppo, alla ricerca di esiti il più possibile imprevisti e sorprendenti.
Per iniziare a organizzare il  nostro EMV possiamo  decidere di  utilizzare come “amminoacidi di  base”  alcuni  organismi  già abbastanza complessi, strutturati  ed esistenti “in natura” , ad esempio  dei brevi  segmenti  melodici, degli aggregati  accordali e una serie di  durate. 
Il nostro EMV dovrebbe nelle nostre intenzioni  svilupparsi- ammesso che possa farlo ! – spontaneamente, per autofecondazione, a partire da questi elementi, con poche regole altrettanto  elementari, e determinate da circostanze musicalmente inevitabili .
Cosa significa “inevitabili ” ?  Che nella codifica delle regole si  dovrebbe cercare di  escludere il  più  possibile l’influenza del gusto personale del compositore. Noi  infatti  cerchamo di  identificare le condizioni  minime indispensabili  per l’emergere di un mondo ( κόσμος ) musicale che si  sviluppi  autonomamente a partire da poche regole cogenti.
Non è indispensabile farsi aiutare in questa difficile impresa da un computer, ma è di  certo molto più comodo e veloce che mettersi a scrivere a mano su carta pentagrammata migliaia di permutazioni intervallari e/o ritmiche: anche se forse i numerosi  errori  materiali derivanti dal lungo e noioso lavoro manuale da un lato arricchirebbero di ulteriori esiti imprevedibili il nostro esperimento, ma dall’altro ne inquinerebbero, per così  dire, la purezza originaria, minando alla radice i  postulati  stessi dell’esperimento.
Decidiamo quindi di utilizzare il computer, facilitati  nella scelta anche dal prezioso  lavoro  fatto  per noi  da un team multinazionale di  programmatori che nel corso di molti anni ha progettato e realizzato alcune applicazioni fondamentali che fanno al caso nostro, tra le quali la più efficace e modulabile per una infinità di  funzioni è Open Music ( la cui  breve scheda informativa è  reperibile all’indirizzo http://forumnet.ircam.fr/697.html).
Non vi  è  lo  spazio  qui  per  descrivere il  funzionamento  di  questa applicazione , ma possiamo riassumerlo  dicendo  che Open Music  dispone di una serie di  oggetti “operatori” ognuno dei quali  svolge una funzione elementare , e che questi  operatori possono  essere connessi  in  sequenza  per formare degli  algoritmi di calcolo (Patches) altamente strutturati. Si tratta quindi di  un sistema di programmazione estremamente duttile e aperto con il  quale, immettendo pochi  dati  di  partenza e le istruzioni  sul  modo  di  svilupparli, si  possono  ottenere in tempo reale risultati spesso imprevisti  e straordinari, grazie alla velocità  di  calcolo  del computer nell’ elaborare quantità enormi di  dati.
L’ipotesi di simulazione del nostro EMV  dovrebbe funzionare più o meno come segue : una volta immessi come materiali di partenza i nostri  amminoacidi bio-musicali, ad esempio segmenti  melodici e/o aggregati accordali e/o una serie di durate, e programmando adeguatamente uno o più Patches ( gli algoritmi di  calcolo)  che rileggano questi materiali  con un  processo  ricorsivo di  lettura/filtraggio/variazione (la citata selezione cumulativa),  dovremmo poter avviare un sistema di  proliferazione autoalimentata del materiale.
Questa qui  descritta sommariamente potrebbe essere una ricetta  per la creazione di un Ecosistema Musicale Virtuale che cresca sotto i nostri  occhi ( le nostre orecchie, per meglio dire!) con un processo totalmente impersonale, senza alcuna volontà consapevole, né progetto, né direzione intenzionale, ma che sviluppi tuttavia strutture complesse e organiche, e che abbiano un senso propriamente musicale ?
Giro la domanda ai miei lettori, invitandoli a collaborare all’ambizioso progetto musical- darwiniano.
Immagino però che a questo  punto molti storceranno il  naso, ritenendo che lo  specifico della creazione artistica non possa consistere in un banale problema di  programmazione informatica, ma risieda in una sfera più alta, quella dell' "ispirazione", o della emotività.
Per rispondere e giungere - provvisoriamente - a qualche conclusione , dobbiamo tornare all’interrogativo  che abbiamo  citato più  sopra: come risolvere l’aporia che si  apre tra la nostra analogia con il sistema evolutivo  che si  sviluppa senza un progetto, e la necessità  che il  “programma” (informatico o meno) per mezzo del  quale si realizza l’ esperimento debba essere necessariamente compilato da un Autore ?
Potrei rispondere che il programma dovrebbe limitarsi a contenere poche regole, il  più  possibile analoghe a quelle della selezione naturale : la posta in gioco dovrebbe essere la sopravvivenza degli organismi musicali . Ad es. un aggregato  accordale  dovrebbe poter mantenere inalterato il  numero dei suoni che lo costituiscono, o in alternativa aumentarli  fino ad un certo limite, ma NON  diminuirlo, pena la cancellazione dal sistema.. e così via per i  segmenti  melodici  e le durate etc.
Ma la riflessione potrebbe andare molto oltre, fino alla constatazione che escludere dalla stesura del programma la finalità e il  gusto estetico personale del compositore significa andare verso  una nuova concezione della Poiésis (ποίησις) e dello  statuto  stesso  dell’Arte come lo  abbiamo  conosciuto fino ad oggi. Già da tempo, del resto, il  concetto di Bello è  stato  ripetutamente rimesso in discussione nella storia dell’Arte, e più recentemente in modo  radicale dalle avanguardie del Novecento. Per esse, l’orizzonte della ποίησις doveva aprirsi a nuove forme di  comunicazione che trascendessero il puro messaggio estetico per includere  prese di posizione sul mondo e sulla società anche provocatorie e (apparentemente) “anti-artistiche”.
La feroce critica antiromantica che ha segnato il Novecento appare destinata nel nuovo  secolo, con lo  sviluppo della scienza e le dirompenti  ripercussioni  sociali e culturali  che le tecnologie provocano, ad approdare a orizzonti ancora più radicali  della comunicazione artistica, nei  quali il concetto di Estetica e il ruolo stesso dell’Autore potrebbero scomparire, a favore di esperienze di creatività impersonale e senza progetto, quale quella che abbiamo  qui  ipotizzato, oppure di creatività collettiva come già avviene oggi in Rete , attraverso Communities  nelle quali ogni utente può partecipare con il proprio contributo al lavoro  creativo del gruppo.
Si profila dunque all’orizzonte una nuova Cultura nella quale i confini tra ricerca artistica e ricerca scientifica saranno meno definiti, e le due discipline convergeranno progressivamente su un terreno  comune ?
La risposta è ancora aperta , ma di  certo  possiamo  dire che le strade di Arte e Scienza corrono oggi più vicine che mai, e spesso si incrociano.

Spero di essere riuscito, nel breve spazio a mia disposizione, a suscitare curiosità  e interrogativi sulle affascinanti  problematiche qui sommariamente esposte, e rimango in  attesa di commenti , suggerimenti e critiche dei  lettori.



3 commenti:

  1. Veramente molto interessante, grazie.
    Ma questo software è in grado di gestire anche altri parametri oltre all'altezza e la durata, tipo il timbro e la dinamica? Come entrerebbero poi, a far parte dell'"organismo" musicale?

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  2. L'ultima versione da me conosciuta di "Open Music" risale ad alcuni anni fa e so che alcuni compositori la usavano principalmente come ausilio nel trattamento di altezze e durate, mentre per i timbri generalmente usavano dei banchi ordinari di suoni campionati. Ma immagino che adesso gli sviluppatori abbiano fatto molti passi avanti.
    Non so se sia stato integrato con algoritmi di trattamento audio,ciò è potenzialmente è possibile, dato che tra i softwares elaborati dall'IRCAM ci sono parecchie applicazioni di audio editing, e molto raffinate.
    Quanto alla seconda domanda, una volta che anche i parametri timbrici e dinamici siano gestibili in un software integrato , non vedo problemi a includerli nell'ecosistema musicale virtuale, allo stesso livello degi altri parametri .

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    1. Grazie mille.
      Un bel magma, comunque, di materia... tra il predeterminato e l'indeterminato.

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