"Sto diventando un po' troppo critico per potermi illudere ulteriormente di avere qualche talento" - F. Nietzsche


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"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

domenica 4 settembre 2011

Sarà vero che siamo alla fine del Postmodernismo ?


I segnali a quanto pare erano già ben visibili da tempo, a volerli vedere, ma forse non ce n'eravamo ancora accorti, non ci avevamo fatto caso. Pare che il Postmodern sia agli sgoccioli. L'annuncio viene dall'interessante intervento apparso sul New York Times dello studioso Edward Docx ( qui la versione inglese). L'autore sostiene che il Postmodern "...ha cercato di eliminare ogni sorta di privilegio da qualsiasi carattere particolare (dell'espressione artistica, NdR) e di sconfessare il  consenso del gusto", di "...destabilizzare le pietre  miliari moderniste dell' identità, del progresso storico e della certezza epistemica" e che "... di conseguenza, svanisce completamente il concetto di  una visione unica del Mondo, di  una visione predominante..... tutte le interpretazioni convivono, e sono tutte su uno stesso piano".

A dire la verità,  io ho l'impressione che, per quanto concerne il campo delle discipline artistiche e più specificamente della musica, questa particolare attitudine del pensiero e dell'attività performativa oggi nota come Postmoderno (definizione usata per primo dal sociologo Jean-François Lyotard, in un suo  libro del 1979) sia un dato ricorrente in ogni epoca storica, e non possa essere circoscritta al trentennio che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Non a caso molti dei compositori che oggi possono essere qualificati come Postmoderni si considerano i nipotini di Igor Stravinskij, che venerano e del quale apprezzano, oltre al sovrano artigianato e alla geniale inventiva, la particolare capacità di assimilare, facendolo suo, ogni sorta di stile e linguaggio. Nella sua lunga vita artistica (1882-1971) ci sono fictions folcloristiche completamente reinventate e un po' "tarocche", come diremmo oggi (Les Noces, Le Sacre, Trois poésies de la lyrique japonaise), ricalchi stilistici neo-barocchi (Pulcinella, The rake's progress) reinvenzioni arcaicizzanti epico/tragiche (Oedipus Rex, Orpheus)  e perfino, nell'ultima stagione creativa, esperimenti dodecafonici e seriali (Agon, Mouvements, Abraham and Isaac) . Va ricordato inoltre che Stravinskij nella sua Poetica della musica sostenne che la musica non intende significare nulla al di fuori di sè: rinunciando quindi all 'idea "modernista" che l'Arte fosse portatrice di Verità e avesse qualcosa da insegnare alla Società. Stravinskij è, almeno da questo punto di vista, un perfetto compositore postmoderno ante litteram 
Ma il problema non si  esaurisce in questa evidente constatazione. Perchè la novità del postmodern nella cultura contemporanea ha dato luogo ad una conseguenza ben più rilevante rispetto alla mera "omnivoricità", al trasversalismo di uno Stravinskij come di tanti altri, anche di epoche più remote.  Edward Docx prosegue la sua analisi con la seguente affermazione : "Col passare del tempo...una mancanza di  fiducia.... ha permeato la cultura e pochi si sono sentiti sicuri o esperti a sufficienza da riuscire a distinguere la spazzatura da ciò che non lo è. Pertanto, in assenza di  criteri  estetici attendibili, è diventato sempre più conveniente stimare il valore delle opere in rapporto  ai  guadagni che esse assicuravano."
Questo è il punto centrale, il cambiamento di pelle definitivo del nostro tempo : il  legame fortissimo che si  è venuto a creare tra arte e mercato, laddove il secondo diviene giudice unico della prima e determina il successo o meno di un'opera, di un autore. Pensiamo a quanto il mercato delle arti visuali e/o pittoriche sia decisivo nella carriera artistica di un autore e quanto sia in grado di condizionarne in modo  capillare l'attività creativa e le quotazioni economiche. Di più : il valore economico (di  mercato) sembra essere l'unico valore possibile rimasto all'attività  artistica, data la ormai sostanziale incapacità del pubblico e della critica a stabilire canoni certi per un giudizio di valore intrinseco.
La fine del postmodernismo consisterebbe quindi nel fatto che, in risposta a questo  disagio da privazione della capacità di giudizio, emergono sempre più insistenti tendenze verso una rinnovata autenticità, la ricerca di valori saldi, fondati su criteri indiscutibili quali innanzitutto la craftmanship (e qui uno Stravinskij ritorna in auge più che mai, a conferma del suo essere un fenomeno ben al di sopra delle effimere catalogazioni  e "correnti" nelle quali lo si vuole inscatolare), poi il ritorno in un certo senso alla tradizione :  comunicazione autentica di  emozioni , di valori . Nella società più in generale, questo abbandono del postmodern si esprime ormai a livello di massa come rinnovato rispetto per la natura, salutismo e alimentazione biologica, ricerca di una vita più "autentica", etica della partecipazione, della socialità e delle reti  etc: tutte vissute come alternative valide al vuoto valoriale indotto dalla cultura mercatocentrica.

Ora, per concludere e per tornare alle espressioni specificamente musicali di questo rilevante mutamento  di  costumi che a taluni potrà sembrare un neo-conservatorismo,  devo ammettere che  intorno a me non vedo ancora emergere i segni di una decisa inversione di tendenza nel mainstream della composizione musicale. Per meglio dire, noto più che altro che i compositori "postmoderni" hanno deposto l'attitudine violentemente polemica che avevano verso la cultura precedentemente egemone del postwebernismo e dell'avanguardia, e che ora il mondo musicale è caratterizzato da una relativamente pacifica convivenza tra correnti e linguaggi di ogni genere e tendenza. Forse perchè , dopotutto, alla fine anche i  "neoromantici" nostrani, dopo strenua lotta, hanno trovato delle comode poltrone su cui accomodarsi...
o forse perchè la musica "colta", tutto sommato, rappresenta una nicchia di mercato talmente trascurabile che non vale (più) la pena di condurre battaglie estetico/ideologiche per conquistare posizioni, quando la posta in gioco è davvero modesta. Come ama dire cinicamente un mio collega, non vale la pena di scannarsi per poi dividersi sempre la solita, minuscola tortina Fiesta.


















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