"Da Bregovic a Einaudi successo folk nella musica"
"ANCHE GLI AUTORI PIU' SOFISTICATI TENTATI DALLA TRADIZIONE"
Così titola un articolo sul Corriere della Sera .
"Contaminazioni" : io la odio da sempre, questa parola. Mi fa venire in mente un contagio, un'epidemia, e in un certo senso è proprio così. Mettere a casaccio il cromosoma di una musica dentro l'altra senza sapere come funzionano, quali sono le loro origini, dinamiche genetiche, significati profondi, non può che creare mostri musicali. Ed è esattamente ciò che troppo spesso si ascolta in giro. Esperimenti musical/genetici andati a male, deformi, mostruosi....
Sia ben chiaro, non ho niente contro il "folk". Da appena adolescente ho avuto l'onore di lavorare per un certo periodo con Giovanna Marini, Ivan della Mea, Gualtiero Bertelli, e tutta la schiera di cantautori-etnomusicologi che facevano parte del Canzoniere Italiano e dell'Istituto Ernesto De Martino, con Carpitella, Leydi eccetera. Quindi conosco bene il valore della musica popolare (che bisogno c'è di chiamarla "folk" ?).
PERO', c'è un però.
Un conto è riscoprire "sul campo" e valorizzare la musica popolare, andando a registrarla direttamente alla fonte, dai suoi spesso sconosciuti interpreti "naturali", e portarla poi alla conoscenza del più vasto pubblico avendo cura di preservarne il più possibile l'autenticità .
Tutt'altro conto è cavalcarla (spesso solo a fini commerciali), ibridandola a casaccio con altre musiche - "etniche", "folk", "world" e chi più ne ha più ne metta - in un calderone dove non si capisce più niente e dove ogni tradizione, identità, cultura viene livellata, omogeneizzata, cancellata, ma sopratutto trasformata in MERCE solo un po' più esotica delle altre, in un glocal-business molto trendy.
Non sono un purista, sia ben chiaro : so bene che la musica popolare ha ispirato da sempre i compositori, basti pensare ai grandi classici del romanticismo come Beethoven, oppure al genio di Bartòk. Il problema è che per fare operazioni simili bisogna essere capaci di trovare il punto esatto nel quale i due linguaggi possono integrarsi in una superiore sintesi, con rispetto reciproco. Più di recente nel secolo appena tramontato, tanto per citarne uno, Berio con i suoi Folksongs e altre composizioni simili ha trovato un alto punto di equilibrio tra tradizione popolare e linguaggio "colto". Integrandone e valorizzandone, senza involgarirle, le rispettive caratteristiche.
Con tutto il rispetto per Ludovico Einaudi, che stimo e apprezzo e che en passant è stato anche allievo di Luciano Berio, non vorrei che il suo sandwich multietnico fosse un po' troppo imbottito...... e se è quello che si è visto a fine agosto in televisione era la sua notte della Taranta di Melpignano, allora confermo in pieno le mie riserve.
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